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La storia

ORIGINI E STORIA DI TRATALIAS

Tratalias è un piccolo comune della Sardegna, situato nella zona sud-occidentale della provincia di Carbonia Iglesias. Si trova nella regione denominata Sulcis, in una collina antistante il Golfo di Palmas, a poca distanza dal greto del Rio Palmas.
Sulla data effettiva di creazione del paese non si hanno notizie certe, a causa della mancanza di fonti. E' probabile però che Tratalias sia sorta intorno all’anno Mille come modesta borgata abitata, da allora stabilmente, in prevalenza da agricoltori e pastori.

Dall'Età Prenuragica all’IX secolo

Numerosi sono i reperti archeologici di epoche diverse distribuiti nel territorio comunale che rivelano come la sua posizione sia sempre stata ritenuta strategica (Vedi link “Archeologia”). Al periodo nuragico appartengono invece i tanti nuraghi disseminati per tutta l'area comunale. A Tratalias è segnalato il più alto indice di densità di nuraghi per quanto riguarda il basso Sulcis.
In seguito colonizzarono il Sulcis, ivi comprese ovviamente le terre del nostro piccolo centro, numerosi popoli tra i quali, per primi, i Fenici e i Cartaginesi. Questi ultimi, pur esercitando il dominio su buona parte dell’isola, preferirono l’area sulcitana per i suoi facili approdi, la sua vicinanza alle coste africane, le sue campagne in cui facilmente cresceva il grano ed i suoi minerali. Sopraggiunsero poi i Romani, in Sardegna fino al 466-76 d.C., la cui politica mirava ugualmente allo sfruttamento delle risorse agricole.
Una grossa lacuna di notizie storiche ci permette di non sapere nulla di certo sul territorio di Tratalias per un lungo periodo ossia dalla fine dell’Impero Romano, quando il numero degli abitanti in tutta la Sardegna diminuì. La decadenza dell’organizzazione politico-militare romana nell’Isola offrì a diverse popolazioni barbariche la possibilità di avvicinarsi e saccheggiare le numerose e fiorenti città costiere tra le quali Sant’Antioco e le aree pianeggianti costiere limitrofe. Si è propensi a credere che quest'area, e con essa tutto il Sulcis, ebbe invece un ragguardevole incremento di popolazione intorno ai primi secoli dopo Cristo, in quanto vi erano presenti ben quattro diocesi senza contare quella della città di Sulcis (Sant’Antioco). Solo verso la metà del V secolo le diocesi furono conglobate tutte in quest’ultima. Alla fine dello stesso secolo, dopo la presa di possesso dell’isola da parte dei Vandali, pare che vi sia stato un nuovo aumento di popolazione. Essi, infatti, vi inviarono alcune colonie militari di sorveglianza: ad una di queste, composta da famiglie Maure, fu assegnato il controllo della zona montuosa vicina a Caralis che i più individuano nel Sulcis minerario. In pochi decenni raggiunsero il numero di tremila.
Una curisità: ancora oggi la presenza delle popolazioni mauritane è ricordata col nomignolo attribuito ai sulcitani e alle loro terre dagli abitanti del resto della Sardegna, ossia Maurreddos e Maurreddia. Altri ritengono che ciò sia stato causato dai Bizantini che nel VI secolo, deportarono colonie di Mauri nel Sulcis.
Soltanto dopo che la Sardegna passò all’Impero Bizantino, ebbero inizio le prime incursioni saracene. Proprio in seguito a ciò in questo periodo iniziò lo spopolamento delle aree costiere sulcitane con il conseguente rifugiarsi delle popolazioni verso le zone interne, fra le quali appunto anche le aree oggi appartenenti al comune di Tratalias.

Dal IX, secolo periodo di maggior splendore di Tratalias, al XIV secolo

Ma bisogna attendere l’800-850 perché il pericolo arabo delle incursioni saracene si accentui tanto da ridurre la città Sulci (Sant’Antioco) a “poche case e qualche abitante”. Si può presumere dunque che fu allora che la sede vescovile si trasferì, in un primo momento solo temporaneamente poi in via definitiva, a Tratalias: siamo nel IX secolo e il paese era definito come un “sito centrale a tutta la diocesi e più comodo all’esercizio del ministero”.
Intorno all'anno Mille il paese, oramai creatosi stabilmente, faceva parte della Curatoria Di Solci o Solc (termine catalano usato per indicare il Sulcis) con capoluogo Sant'Antioco, la quale a sua volta apparteneva al Giudicato di Cagliari. Era costituito da circa 40 fuochi ossia unità fiscali, cioè le famiglie tenute a versare i tributi ai governi costituite mediamente da quattro o cinque individui ciascuna, per un totale, presumibilmente, di 200 abitanti. A difesa del piccolo centro fu edificato il Castello di Tului, con molta probabilità per volere dei giudici cagliaritani, di cui tuttavia non ci è rimasta nessuna traccia.
Ebbe così inizio l'epoca di maggior splendore del piccolo centro del Sulcis che si protrasse fino al XIV secolo. In seguito a questi avvenimenti il prestigio di questo piccolo borgo dovette crescere al punto tale che esattamente nel 1213 furono iniziati i lavori per la costruzione della cattedrale di Santa Maria che avrebbe così sostituito la pieve esistente, “non più adatta alle aumentate necessità” già intitolata alla Madonna.
Tra il 1355 e il 1362 la diocesi fu nuovamente trasferita a Villa di Chiesa (Iglesias) in via ufficiosa: la traslazione autorizzata formalmente avvenne esattamente l'8 Dicembre 1503. Ciò decretò la perdita di importanza del piccolo centro sulcitano e di conseguenza comportò anche la diminuzione del numero dei suoi abitanti.
E’ certo in ogni caso che il vescovo risiedesse ad Iglesias già dalla metà del XIV secolo, per motivi di sicurezza, “essendo il cielo di Tratalias poco salubre nelle stagioni dell’estate e dell’autunno”. Siamo infatti in possesso di un documento ufficiale del 1354 per mezzo del quale i prelati residenti nella diocesi di Tratalias inviarono una petizione al papa Innocenzo VI affinché la sede vescovile fosse traslata. Le motivazioni addotte illustrano una situazione difficoltosa per Tartalia sia economicamente sia socialmente: "il luogo è divenuto molto indecente e insufficiente e inutile per la Chiesa e per il vescovo….", la produzione agricola era talmente diminuita da non assicurare più un congruo reddito per il sostentamento dello stesso vescovo e di tutta la curia; inoltre vi erano molti latrones et discolatores che oltre a rubare non esitavano ad uccidere.
Ma bisogna anche evidenziare che nel 1323 la Corona d'Aragona, avendo ricevuto dal Papa Bonifacio VIII la licentia invadendi affinché potessero essere conquistate con la forza le terre per costituire il Regno di Sardegna e Corsica, in base all'accordo di Anagni del 1295, sbarcò nel Golfo di Palmas, ad un passo dal territorio del nostro comune, e cinse d'assedio Villa di Chiesa. La presenza degli aragonesi nel Sulcis perdurò esattamente sette mesi e otto giorni ossia fino a quando la cittadina si arrese per fame dopo essere riuscita quasi a far fallire l'impresa aragonese.
Dal 1324 ebbe inizio, dunque, in Sardegna il dominio aragonese, il quale durò, a parte la breve parentesi del Regno d'Arborea (1391- 1404), fino al 1720. (A questa data il Regno di Sardegna passò nelle mani dei Savoia e da esso nel 1861 nacque il Regno d'Italia). Fu proprio con l'inizio del dominio aragonese che in tutta la Sardegna fu introdotto il regime feudale a cagione del quale Tratalias, che fino al 1355 per concessione della Corona D’aragona era rimasta in possesso dei Donoratico, fu prima assegnata a Don Luigi d’Aragal, poi incorporata nella Baronia di Santadi e assegnata come feudo al vescovo del Sulcis prima e al vescovo d'Iglesias poi.

XIV – XVI secolo: decadenza o solo mancanza di notizie documentate?

Ora è probabile che la situazione descritta in precedenza dal vescovo sia stata aggravata rispetto a quella reale, per ottenere il trasferimento della diocesi. Ma purtroppo il periodo storico in discussione corrisponde al tardo Medioevo, quando la Sardegna tutta si trova a subire un processo di spopolamento. Alcune fonti riportano per Tratalias nel 1300 l'esistenza di soli 16 fuochi, per un massimo di 100 abitanti, mentre nel 1471 era addirittura completamente spopolata.
Molti studiosi, dunque, sono propensi a credere che il paese fu del tutto abbandonato a causa del verificarsi di alcune carestie, epidemie e dei continui attacchi dei pirati barbareschi, come sarebbe avvenuto in tutto il territorio del Sulcis. Quest'ultimo sarebbe stato ripopolato stabilmente solo dopo il 1850 da comunità molto piccole di pastori che vi si stanziarono dando origine alle forme di insediamento, tipiche dell’area sulcitana, dette furriadroxius, oggi chiamate Medaus. I nuclei più consistenti erano invece detti boddeus.
Ma bisogna anche evidenziare che la presenza dal 1323 degli aragonesi nel territorio di Tratalias che tra l’altro ha lasciato tracce evidenti della sua presenza nelle abitazioni del Centro Storico, fa pensare che i paesi dell’area in cui avvenne lo sbarco non siano stati del tutto abbandonati ma al contrario abbiano avuto un ruolo importante, che siano stati anche coinvolti nel traffico commerciale.
Fermo restando che questa è una nostra ipotesi, in ogni modo potrebbe essere avvalorata dal fatto che Tartalia, ossia Tratalias, e con essa anche Tuluy ed altri sedici villaggi, proprio nel 1323 è citata in un documento di estrazione laica che annovera tutti gli abitati sufficientemente consistenti del Sulcis. Un altro documento del 1328, in cui ancora compare Tratalias con ben altri venticinque villaggi, “coglie la situazione determinatasi nel Sulcis a pochi anni dallo sbarco degli Aragonesi”. Sono entrambi di natura fiscale e citano gli insediamenti più evoluti, cioè con funzioni amministrative pari a quelle che hanno oggi i comuni. E ancora secondo un censimento del 1839, il numero degli abitanti di Tratalias erano 741. Poiché queste cifre non si discostano tanto da quelle odierne (Tratalias conta oggi 1132 cittadini), è impensabile, secondo noi, che il territorio sulcitano sia stato del tutto abbandonato. Al contrario proprio il continuo affacciarsi nelle coste del Sulcis dei barbareschi, indica che in queste terre si trovavano ancora persone ed oggetti da depredare. Le popolazioni che frequentavano le terre del Sulcis risiedevano stabilmente nelle zone più interne della Sardegna: erano costituite da contadini "ben armati e uniti" che vi si recavano al tempo della semina e della raccolta. Essi furono i primi a stanziarvisi stabilmente con la costruzione di piccole dimore nei pressi dei campi o anche nei siti di vecchi abitati semidistrutti che presero il nome di furriadroxius. Infine anche i pastori provenienti dalla Sardegna centrale (Barbagia), che per la pratica della transumanza solevano frequentare il Sulcis solo nel periodo invernale, per il timore che i contadini s'impadronissero di tutte le terre migliori, vi si stanziarono, dando così vita ai medaus. Questa netta distinzione fra attività agricola e pastorale nel corso dei secoli si è persa ed ancora oggi nel Sulcis si denominano medaus tutti i piccoli abitati fuori paese. In seguito a queste immigrazioni dunque la popolazione sulcitana riprese ad aumentare.

Dal XVI secolo al 1836

Per quanto riguarda i secoli XVI e XVII, come si diceva più sopra, non si hanno più notizie storiche documentate del paese: risulta completamente spopolato dal 1471 per riprendere vita soltanto verso la fine del XVIII secolo. Del Sulcis nel 1500 si afferma che fosse una regione “tota sylvestris et derelicta”, dunque inospitale poiché da tempo abbandonata dagli uomini anche se in realtà un tempo era ricca d’acqua e di una gran quantità di greggi, in cui però in seguito, a causa dell’impaludamento dei fiumi, iniziò a regnare la malaria. Bisognerà attendere il 1822 per avere di nuovo notizie documentate su Tratalias: a questa data faceva parte esattamente della provincia di Iglesias, era sotto la giurisdizione dell'Incontrada del Sulcis di proprietà del vescovo d'Iglesias. Quando nel 1824 si procedette ad un nuovo censimento della popolazione, Tratalias non è menzionata palesemente ma il numero dei suoi residenti fu incluso fra quello appartenente ai Salti (territori) del Sulcis, per un numero complessivo di 4510 abitanti. Ma sappiamo che nel 1830, secondo i rilevamenti del catasto, il paese contava ben 60 case per un numero approssimativo di 300 persone. Le prime notizie sull'esatto numero di residenti a Tratalias risalgono al 1839: 741 anime, in cui si nota un maggior numero di cittadini maschi. In effetti, le famiglie si dedicavano esclusivamente alla pastorizia e all'agricoltura quindi spesso avevano a servizio servi pastori e braccianti. I prodotti agricoli erano in maggioranza cereali, in particolare il grano. Rispetto al passato era in aumento anche la coltura di frutteti e di ulivi; mentre raramente la coltivazione degli ortaggi era finalizzata alla produzione di surplus per il mercato. Di tutto il Sulcis soltanto a Tratalias si praticava la concia delle pelli. Gli scambi commerciali erano praticati in prevalenza con le vicine isole di Sant'Antioco e San Pietro. Inoltre venivano organizzate in ogni paese delle sagre in genere in onore del Santo protettore: fra queste spiccava la fiera che si svolgeva a Tratalias in onore di Santa Maria. Anche il simulacro della Vergine, infatti, era stato trasferito ad Iglesias in seguito alla traslazione della sede vescovile con l’accordo, stretto con i cittadini di Tratalias, che ogni anno vi avrebbe compiuto ritorno nel mese di Maggio.

Dal 1836 al 1954

Fu soltanto dal 1836 che con un editto regio fu soppresso il regime feudale ma il piccolo boddeu del Sulcis, che nel frattempo si era trasformato in un villaggio con una popolazione di 813 anime nel 1844, dovette attendere il 1845 perché i terreni dei salti di Tratalias tornassero nelle mani del Re. Infine nel 1853 raggiunse la condizione di comune della Provincia di Iglesias.
Da questo momento in poi notiamo dai dati che si riferiscono alla popolazione che il paesetto continua a svilupparsi fino al 1951, anno in cui a Tratalias risiedevano ben 1520 abitanti. Mai nella storia recente Tratalias aveva raggiunto un così alto numero di abitanti e tanto meno riuscirà in seguito a ripetersi, almeno fino ad oggi.  Causa dell’aumento della popolazione è sicuramente l’abbondanza di occupazione che dai dati censuari si nota essere rappresentato in maggior misura dal settore secondario: in primo luogo dalle costruzioni e impianti e subito appresso dalle industrie estrattive e manifatturiere. Possiamo affermare dunque che dalla fine degli anni Quaranta anche a Tratalias arriva la modernizzazione ed il settore primario non è più alla base dell’economia come lo era stato nell’Ottocento.
Fu sempre negli Anni Cinquanta che l’Azienda Carboni Italiani completò la costruzione della ferrovia a scartamento ridotto la quale collegò tutti i paesi del Sulcis fino a Siliqua dove c’era la coincidenza con le Ferrovie Statali. La costruzione della linea ferroviaria, iniziata nel 1916, fu portata a termine visto il rapidissimo aumento di produzione di carbone verificatosi già dagli anni Trenta, che portò, come sappiamo, anche alla nascita di grossi complessi di case popolari: Carbonia nel 1938 e in seguito Bacu Abis e Cortoghiana.
Pertanto anche tutti i cittadini di Tratalias ebbero la possibilità di spostarsi più facilmente ed in massima parte coloro che svolgevano la mansione di minatore per raggiungere i bacini carboniferi di Carbonia.

Dal 1954 ai giorni nostri

Nel 1954, ad opera del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, fu realizzato uno sbarramento sul Rio Palmas con la conseguente formazione del lago artificiale di Monte Pranu. Il progetto fu attuato per valorizzare le terre del Basso Sulcis e dare maggior impulso alle attività agricole e pastorali che erano, e sono tuttora, tra le principali fonti economiche.
La grossa scorta d'acqua (circa 50 milioni di metri cubi), inizialmente messa a disposizione esclusivamente per l'agricoltura e l'allevamento ed in seguito anche per il vicino polo industriale di Portovesme, se da una parte favorì una reale ripresa agricola, dall'altra provocò col passare del tempo ingenti danni ai centri abitati situati nelle sue vicinanze: Palmas (frazione del comune di San Giovanni Suergiu), Villarios (frazione del comune di Giba) ed in ultimo Tratalias. Infatti, si verificarono infiltrazioni d'acqua che provocarono considerevoli lesioni ai fabbricati quali umidità, dissesti statici e problemi igienico-sanitari per la popolazione.
Fra il 1960 e il 1964 furono stanziati dei finanziamenti da parte del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, della Cassa per il Mezzogiorno e dalla Regione Sarda per il totale trasferimento dei primi due centri
Fu pertanto presa in considerazione dall'Amministrazione Comunale di Tratalias, sin dai primi anni Sessanta, una soluzione analoga per porre rimedio al progressivo peggioramento delle condizioni abitative dei cittadini di Tratalias che in un primo momento si pensava non sarebbero stati colpiti da questo fenomeno doloroso. Doloroso perché a nostro parere una scelta di tal genere non deve essere stata facile da accettare dagli abitanti che sono stati praticamente sradicati dalle loro antiche dimore alle quali erano legati affettivamente. Appartiene al Dicembre del 1961 la prima lettera da noi ritrovata nell’Archivio Comunale di Tratalias in cui l’allora Ufficiale Sanitario del paese, dottor Giorgio Selva, inviò al prefetto di Cagliari e per conoscenza all’Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici e all’Assessorato all’Igiene e Sanità per far conoscere la preoccupante situazione in cui versava l’intera cittadinanza. Ad essa ne seguirono numerose altre come numerose furono pure le manifestazioni di protesta attuate dai cittadini.
Così nel luglio del 1971, dopo circa dieci anni, la Cassa per il Mezzogiorno approvò un progetto generale di massima per l'intera ricostruzione del paese da attuarsi in vari lotti. Il nuovo centro avrebbe dovuto rispondere al meglio alle esigenze della popolazione, perciò fu ubicato in una zona collinare vicina al vecchio borgo, al sicuro dal pericolo di infiltrazioni, adatta ad una disposizione urbanistica che potesse assicurare la miglior fruibilità dei servizi pubblici e la privacy delle famiglie “con un minimo di continuità nel tempo del vecchio modello”.
Nel vecchio centro furono censiti oltre 300 edifici da ricostruire, tra abitazioni e locali di vario uso, cui sommare i servizi pubblici. Nell'arco di circa 10 anni i primi interventi furono realizzati con fondi del bilancio ordinario della Regione Sarda e con interventi sui fondi delle leggi nazionali n° 588/1962, n° 865/1971, n°513/1977 e n° 457/1978. Questi finanziamenti permisero di acquistare per intero l'area necessaria per la ricostruzione, di eseguire una parte delle opere di urbanizzazione, alcune opere pubbliche quali il Municipio, l'ambulatorio, la scuola media e la costruzione di ben 140 abitazioni. Per l'ultimazione definitiva dei lavori di trasferimento delle famiglie che ancora abitavano nel vecchio centro fu varata la legge regionale n° 40 del 12 novembre 1982 che dava attuazione alla legge n° 568 del 1981 per mezzo della quale furono individuati le opere e i finanziamenti necessari per l'ultimazione del progetto.

Tratalias oggi

Alla data odierna, il paese è stato completamente trasferito ed è un esempio unico nel suo genere tanto da colpire l'immaginario delle persone che lo visitano. Per quanto riguarda il vecchio centro l'Amministrazione Comunale si sta adoperando affinché non se ne perda il ricordo. Si sta, infatti, procedendo al recupero delle antiche costruzioni prossime alla basilica romanica in modo da ricreare un borgo storico che valorizzi anche turisticamente il piccolo paese sulcitano. In data 7 Febbraio 1997 il Soprintendente ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Cagliari ed Oristano, ai sensi della legge n° 1089/39, ha dichiarato le abitazioni sopravvissute alle demolizioni del 1991, che interessarono tutte quelle abitazioni particolarmente danneggiate dalle infiltrazione o costruite in tempi recenti, resti monumentali di particolare interesse storico-artistico. Ci rimane il Centro Storico per un totale di 45 edifici (vedi link “Il piano di recupero”). Per Tratalias si ritiene che questa valorizzazione potrebbe costituire una chance per arginare la disoccupazione che spinge tanti giovani in questi ultimi anni ad emigrare dal paese. Infatti, ritornando ai dati ricavati dai censimenti, si deduce che dal 1951, anno in cui si era toccato il massimo della popolazione, inizia la fase decrescente a causa questa volta della mancanza di opportunità di lavoro. Così i cittadini, per la maggior parte i più giovani, scelgono la strada dell’emigrazione verso il nord d’Italia o anche per l’estero.

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